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        Traumi del ginocchio aspetti chirurgici e osteopatici 
          di A. Lodo, A. Pasotti e A. Ufreduzzi
        I traumi del ginocchio possono determinare sul sistema capsulo-legamentoso 
          due tipi di disfunzioni : funzionali e organiche .  
          Le prime si identificano in un mal funzionamento delle componenti dell'articolazione 
          senza una " rottura fisica " ; i danni organici al contrario si verificano 
          in caso di lesione meccanica di una o più strutture .  
          In questo caso è necessario l'intervento di uno specialista ortopedico 
          che avvalendosi di tecniche mini invasive come quella artroscopica possa 
          verificare e risolvere il problema chirurgico .  
          L'artroscopia quindi è la metodica principe attraverso cui è possibile 
          "navigare " all'interno delle articolazione ed individuare le eventuali 
          lesioni meniscali o ligamentose e procedere alla loro riparazione. Con 
          l'artroscopia infatti in casi di lesioni meniscali ,laterali o mediali 
          è possibile procedere ad un ridimensionamento dei menischi nella loro 
          sola sede di lesione (meniscectomia super selettiva ),lasciando in situ 
          la restante porzione cartilaginea meniscale senza inficiare la funzione 
          di ammortizzazione dello stesso sulla cartilagine articolare .  
          Nel caso di traumatismi complessi che colpiscono il ginocchio con forze 
          vettoriali multidirezionali (valgo -rotazione esterna ,varo -rotazione 
          interna ) ,il legamento crociato anteriore può risultare danneggiato 
          con interessamento parziale o totale delle sue fibre. L'artroscopia 
          chirurgica permette quindi una visione accurata e diretta della struttura 
          legamentosa e una valutazione funzionale della biomeccanica "in vivo". 
           
          In caso ci lesione sub-totale o massiva del L.C.A. si procede ,sempre 
          artroscopicamente, alla riparazione dello stesso con un neo legamento 
          prelevato a seconda dei casi dal tendine rotuleo o dal semitendinoso 
          e gracile (opportunamente raddoppiati o quadruplicati per aumentarne 
          la resistenza alla trazione .  
          Il tempo di recupero post-chirurgico, è stimato in circa due mesi. 
        Anche in caso di ginocchio artrosico, l'artroscopia può assurgere ad 
          un ruolo primario e permette al chirurgo ortopedico di avere una visione 
          diretta della cartilagine articolare. 
          Attraverso l'artroscopia diagnostica, infatti si esaminano le varie 
          porzioni della cartilagine articolare femoro tibiale esterna, interna 
          e femoro rotulea che possono risultare interessate in varia misura dal 
          fenomeno artrosico. 
          Si procede quindi ad una "condro-abrasione " (metodica di LENNY-YONSON) 
          mediante motorizzato che attraverso l'eliminazione del primo strato 
          danneggiato di cartilagine fibrillante, mette a nudo quello più profondo 
          e maggiormente irrorato.  
          Questa tecnica ha il vantaggio di consentire lo sviluppo di uno strato 
          di cartilagine più vitale e in buono stato. 
          Contestualmente si procede all'esplorazione della gola intercondiloidea 
          e dello sfondato quadricipitale che, in caso di ginocchia artrosiche 
          risultano occupati da abbondanti fenomeni di sinovite reattiva.  
          Quando questo fenomeno risulta essere molto abbondante il panno sinoviale 
          può aderire alle fibre del L.C.A. impedendo a questa struttura il suo 
          funzionamento in isometria. 
          Si procede quindi mediante SHEWING (o l'uso di apparecchi a radio frequenza 
          ) si esegue la sinoviectomia e si ripristina lo spazio articolare necessario 
          per il buon funzionamento del ginocchio. 
       
        
        
       
        "IL CORPO E' UNA UNITA' FUNZIONALE 
        Dal follow-up dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di ricostruzione 
          del L.C.A. con metodica artroscopica ,sono emersi adattamenti posturali 
          conseguenti ad un riadattamento antieconomico delle catene miofasciali 
          che possono essere indicativi per l'osteopata di un "problema lesionale" 
          precedente all'intervento o postumo allo stesso.  
          Nella riabilitazione di un crociato i tempi di recupero sono cadenzati 
          da regole imposte da un protocollo ormai ben codificato, che inizia 
          con il carico sfiorante in bastoni canadesi a cui può conseguire un'atteggiamento 
          antalgico in contrazione dei muscoli dell'arto operato.  
          Conseguenza diretta di ciò è il frequente manifestarsi di lombalgie 
          riferite al quadrato dei lombi . 
          Nello stesso periodo si eseguono contrazioni isometriche del muscolo 
          quadricipitale allo scopo di mantenerne il trofismo; questa attività 
          muscolare coinvolge anche il muscolo psoas che può rimanere in accorciamento 
          determinando rigidità lombari e lombalgie.  
          Dopo circa trenta giorni dall'intervento si assiste ad un graduale recupero 
          del ROM e dello schema del passo con comparsa di dolenzie muscolari 
          specialmente al tricipite della sura. 
          Particolarmente delicata risulta essere questa fase riabilitativa durante 
          la quale è necessario rimuovere i suddetti schemi di compenso e fissità 
          attraverso le metodiche osteopatiche più congeniali.  
          
        DISFUNZIONI LOCALI  
        In questa terza fase possono comparire complicanze locali quali : 
       
      
        - testa del perone ipomobile ed in lesione di posteriorità 
 
        -  iliaco omolaterale in anteriorità e posteriorità relativa del controlaterale
          
Nella fase ultima della riabilitazione mirata anche alla reinformazione 
            recettoriale, del ginocchio operato che rappresenta l'articolazione 
            centrale che si deve adattare alle influenze ascendenti ( quindi ai 
            problemi relativi all'appoggio) } 
            Ha inizio la corsa rettilinea lenta e sulle punte, compaiono spesso 
            sintomi dolorosi legati alla difficoltà di un buon appoggio del piede 
            spesso in supinazione.  
            Ai test la testa peroneale è posteriore, la tibia in anteriorità con 
            relativa trazione miofasciale del tendine rotuleo peraltro già indebolito 
            in qualità di zona donatrice di prelievo.  
            Queste condizioni di alterata biomeccanica possono determinare l'insorgenza 
            di una noxa patogena locale (tendinite). In questa valutazione globale 
            non bisogna tralasciare l'aspetto dello stress intraoperatorie a cui 
            viene sottoposto il ginocchio. 
            Infatti l'anestesia seppur locoregionale inibisce totalmente il controllo 
            muscolo legamentoso e questo importante stress a cui il ginoccchio 
            viene sottoposto può provocare delle vere e proprie lesioni osteopatiche 
            , iatrogene.  
            Ciò nonostante, a meno che non si tratti di un evento traumatico che 
            altera completamente la fisiologia articolare del ginocchio e che 
            richiede l'intervento specialistico dell'ortopedico, trovano indicazione 
            sia un intervento locale che globale .  
            A livello globale si mira a rimuovere gli adattamenti posturali non 
            economici, non confortevoli, che alla lunga possono esere essi stessi 
            fonte di dolore.  
            Guardare quindi lo specifico dell'articolazione mantenendo una visione 
            di insieme.  
         
       
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